
Si
parte con i 15 minuti di Il Serpente Nel Cielo,
la prima delle due traccie che compongono il disco, costruita su
droni che sembrano provenire dai più remoti anfratti dello spazio
siderale, sui quali si innestano dapprima le fredde note di uno
xilofono, interrotte poi da un sax che si insinua a poco a poco fino
a lanciarsi, insieme a brillanti contrappunti di batteria, in una
serie di svisate Free-Jazz che si distendono infine in un magnetico
tribalismo ancestrale. Dal caos primordiale si genera il cosmo, dal
disordine scaturisce l'ordine e si plasma l'universo, e in esso la
via lattea, quel gigantesco serpente di luce nel cielo, l'Uroboro
che, simboleggiando l'eterno ritorno e il ciclo infinito di nascita e
morte, regola il nostro divenire. Il Creatore Della Forma,
nella sua apparente immobilità e nel suo incedere lento, racchiude
in se l'impercettibile ma costante trasformazione che le cose,
sottoposte alle immutabili leggi dell'universo, subiscono
inesorabilmente. L'esistenza, in quanto emancipazione dal caos, è
forma e razionalità.

I
Mamuthones costruiscono le loro composizioni su solidi groove di
basso e batteria per poi infarcirli di fantasiose sferzate
chitarristiche, di campionamenti vocali e di loop elettronici degni
della colonna sonora di un film di fantascienza. La sezione ritmica
predilige la reiterazione e, passando attraverso il Funky di I've
Gotta Be e di Holy Ghost People o la compattezza di Don't
Be Choosy e Fire On Fire, contribuisce a creare
un'atmosfera ipnotica e visionaria, mentre la voce e le chitarre
tessono le trame di una bizzarra e trascinante danza mistica.
Gli
Evil Blizzard al contrario realizzano due brani dal respiro più
ampio, partendo da una prospettiva diametralmente opposta. Le
atmosfere sono molto più dilatate, mentre i toni si fanno
decisamente più cupi. La prima traccia, Sacrifice, è una
lenta omelia in chiave Psych Rock sorretta da un riff ossessivo che
accompagna gli occulti versi di un rituale pagano. Le chitarre
guidano questo sabba nero dividendosi tra eterei fraseggi Space Rock
e sulfurei miasmi di distorsioni, fuzz e wah-wah, mentre la voce si lancia in un oscuro mantra dal fascino
arcano. La seconda traccia è invece una versione remix di Sacrifice,
dove il riff centrale è affidato alle gelide note di un pianoforte e
le chitarre vengono sostituite da suoni sintetici e campionamenti
elettronici.
Mai
Mai Mai – Πέτρα (2015).
Toni
Cutrone (Trouble Vs. Glue, Hiroshima Rocks Around) è la mente dietro
questo progetto denominato Mai Mai Mai, ed è lui a dare vita,
attraverso i suoi synth, i suoi sequencer e i suoi samples, ad un
interessante viaggio elettronico all'interno di paesaggi sonori fatti
di rumori sintetici e beat oscuri. Questo disco, Petra
(2015),
è
il secondo capitolo di una trilogia dedicata al mediterraneo che è
iniziata con Delta
nel
2014 e che vedrà la conclusione l'anno prossimo con Phi.
La
scelta della lingua greca, non solo per il titolo del disco ma anche
per le tre tracce che lo compongono, non è casuale e richiama la
forte esigenza di riscoprire le profonde radici che ci legano
indissolubilmente a quel Mare Nostrum, come lo chiamavano i Latini,
che è all'origine della nostra civiltà. Ed è sulla pietra che
questa nostra civiltà è stata scolpita: sulla pietra dei palazzi,
dei templi e dei monumenti; Su quella pietra che ostinatamente si
oppone all'inesorabile scorrere del tempo che tutto cancella; Su
quella solida pietra che per secoli ha sostenuto e testimoniato le
nostre imprese.
Ed
ecco tratteggiati gli elementi che stanno alla base della cultura
mediterranea: l'acqua, rappresentata dal mare, e la terra,
rappresentata dalla pietra. E questi sono appunto gli elementi che
sorreggono tutta l'opera. Βάσσαι
(Bassae),
la
traccia iniziale, è un
martello pneumatico che scava la roccia come le impetuose onde
dell'oceano che si infrangono inesorabilmente sugli scogli, e lo fa
con pulsazioni profonde e con stridenti clamori industriali. Si
delinea così un soundscape teso e nervoso che, vorticando
impetuosamente, precipita in una spirale di tensione crescente. Πέτρα
(Petra)
è ricca di agghiaccianti rumori di fondo e, con il suo sferragliare,
si trascina lentamente come un nocchiero che solca le acque più insidiose. La conclusione è invece affidata a
Πέλαγος
(Pelagos),
un ossessivo pulsare di basse frequenze che accompagna le impetuose
onde del mare.
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