lunedì 28 settembre 2015

Bachi Da Pietra - Necroide (2015)


Tornano i Bachi Da Pietra. Il duo infatti ha appena pubblicato il suo sesto album in studio, Necroide, che compie un ulteriore passo avanti verso quei territori estremi che il suo predecessore, Quintale del 2013, lasciava intravedere. Ma se prima i nostri si muovevano sulla rotta di uno stoner/blues acido e graffiante, ora a farla da padrone è l'Heavy Metal, in tutte le sue manifestazioni, soprattutto quelle più sanguigne e veraci. La scelta è indubbiamente funzionale a quelli che rimangono i punti forti della band, ovvero quel gusto noir e quell'ironia beffarda che si potevano apprezzare nei solchi del precedente album. Ma se la band non è del tutto estranea a un certo umorismo, qui lo humor si fa parodia e la parodia diventa il pretesto per rendere omaggio ad un intero genere, l'Heavy Metal appunto, che viene messo alla mercé dell'ascoltatore e sviscerato in tutti i suoi cliché, sia stilistici che contenutistici. 
Il sound è quindi volutamente stereotipato, come le macchiette di uno squallido teatrino di strada, mentre la verve vocale resta quella di sempre con l'aggiunta, per l'occasione, di qualche suono gutturale in più. Si parte con gli oscuri e veloci riff di Black Metal Il Mio Folk che, con il suo proclama, sembra fare il verso agli “inni di battaglia” di certe band scandinave (“Ora è la tua terra quella che si strazia, ora è la tua casa quella che si devasta […] Black Metal il mio folk, combatti nel nome del Rock 'n' Roll”). Si prosegue poi con il mid-tempo di Slayer & The Family Stone e con il riff pseudo-Thrash di Fascite Necroide che riporta alla mente i Venom (“Fascite Necroide, ha un nome perfetto e beffardo la morte”), per passare attraverso l'Hard Rock di Tarli Mai, la cavalcata eighties di Voodooviking e il pacchiano growl di Feccia Rozza, per giungere a Cofani Funebri (“Fernando ha un calendario nella sua strana officina, dice che ha più carne buona appesa lui del macellaio”), un tributo al Doom Metal più funereo e sepolcrale. Il gelido folk di Sepolta Viva e l'Hardcore violento di Danza Macabra, con la loro cupa ventata necrofila, concludono il disco.
Risulta difficile dunque non vedere questo disco come una semplice trovata goliardica o un divertente e bizzarro omaggio ad un genere musicale, seppur impreziosito da quella sagacia che è tipica dei Bachi Da Pietra. Ed è ancor più difficile non rimpiangere le interessanti evoluzioni che Quintale ci aveva prospettato, oltre che la sua originalità. Come si fa poi a non sentire la mancanza di quel blues scarno e minimalista che ha contraddistinto le produzioni precedenti. Ma, conoscendo i Bachi Da Pietra, è verosimile pensare che questa sia solo una fase transitoria o una fugace tappa di un percorso evolutivo che potrebbe sorprenderci nuovamente in futuro.

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